Psicologo e analista junghiano a Barcellona e online.

21 Novembre, 2022

Lo specchio rotto e la molteplicità delle forme

Lo scorso fine settimana ho partecipato a una conferenza, via zoom, sul femminile e la psiche in Jung, organizzata dalla società francese di psicologia analitica.
Uno dei relatori ha tenuto una conferenza su Fernando Pessoa e i suoi eteronimi, identità fittizie create dall’autore stesso, che presumibilmente possiedono una personalità diversa e quindi scrivono da prospettive diverse.
L’oratore ha detto che Pessoa considerava l’unità archetipica prodotta dal cristianesimo, stiamo parlando dell’inizio del secolo scorso, come una forma di decadenza, in quanto limitava chiaramente la molteplicità delle forme in cui gli esseri umani possono esprimersi.

Il cristianesimo, così come le religioni monoteiste, stabilisce due figure chiaramente differenziate: l’uomo e la donna, ed entrambi di orientamento eterosessuale.
In altre parole, sesso, genere ed eteronormatività vanno insieme in modo tale che nessuna espressione differenziata di essi viene ‘compresa’.

Attualmente, al culmine dell’epoca ‘woke’ (movimento e ideologia di sinistra che promuove la non discriminazione e la giustizia sociale per tutte le minoranze, siano esse gruppi razziali, lgtbi o settori alternativi) e della politica di ‘cancellazione’, si tende a promuovere e proteggere le diverse manifestazioni che possono verificarsi nell’equazione in cui i suddetti sesso, genere e orientamento sessuale si combinano in modi multipli, dando origine a espressioni identitarie molto diverse.

Se per Pessoa la ‘unicità’ era una manifestazione di decadenza sociale, per i settori conservatori della società è l’opposto, è la ‘molteplicità’ a rappresentarla.

  • Una nota: chi pratica la psicoterapia da anni, come me, sa che la rappresentazione di tale unità è falsa e che si tratta solo di uno specchio in cui ci piace rifletterci, per il comfort e la tranquillità della nostra psiche e dell’ordine sociale.
    La vita delle persone, al di là dei comportamenti, è molto più complessa di come viene manifestata e, probabilmente, risponde a molte più sfumature che, se espresse, romperebbero l’unità visiva in cui siamo abituati a vivere.

Quando camminiamo per strada, vediamo dei coetanei che apparentemente hanno un’identità simile alla nostra, ma se qualcosa si manifesta in modo diverso, un “uomo” che si veste da “donna” secondo una percezione tradizionale o un’identità non definita che non riusciamo a classificare immediatamente, allora il nostro cervello può diventare irrequieto, cercando, in alcuni casi con ansia, una collocazione per ciò che abbiamo appena osservato.

Il punto è che l’unicità è soffocante, ma la molteplicità può diventare inquietante per coloro che non hanno costruito un’identità, sia perché sono già in fase di costruzione (soprattutto nell’adolescenza), sia perché le circostanze della vita non hanno permesso loro di consolidarla (ad esempio, i traumi subiti nei primi anni di vita).

È vero che nelle società autocratiche viene imposto il criterio di mantenere lo specchio in perfette condizioni, in modo che ogni individuo possa riflettersi negli ‘altri’ senza il minimo dubbio o ‘deviazione’, mentre nelle società aperte e liberali le forme si moltiplicano in modo tale che, per alcuni settori, si genera una certa ansia collettiva, soprattutto in coloro che hanno più bisogno di un criterio stabile, di un’unica manifestazione di ‘essere’.
In alcune occasioni, le persone più preoccupate possono avere una parte di sé scissa, esprimendola addirittura come un “complesso autonomo” che si manifesta in modo compulsivo o di dipendenza.

Lasciare lo “specchio rotto” in modo che la realtà degli esseri si manifesti in una diversità di forme e noi possiamo vederla nella sua espressione più completa è un esercizio rischioso, forse più onesto e autentico, ma pericoloso perché coloro che richiedono un’espressione chiaramente univoca in cui genere, sesso e orientamento devono manifestarsi secondo la legge morale tradizionale. Mettendoli a disagio, possono persino promuovere un’involuzione, con l’unico e chiaro intento di ricostruire lo specchio e lasciarlo incontaminato.

La via di mezzo, in cui gli spazi psichici e fisici, che dissentono dall’unità, vengono accettati, il mistero viene preservato e si permette a coloro che hanno bisogno di chiarezza di forma di stabilirsi, è forse l’opzione migliore per la coesistenza sociale e per la pace della psiche.

Rompere ulteriormente lo specchio potrebbe essere molto pericoloso.

 

 

 

Damián Ruiz
20 Novembre 2022
www.damianruiz.eu

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